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Triennale Milano si tinge di danza con la IV Edizione di “FOG Triennale Milano Performing Arts”

Settimana dedicata alla coreografia a Triennale Milano per la IV Edizione di “FOG Triennale Milano Performing Arts“. Così martedì 15 giugno 2021 doppio debutto si ha con “Save the last dance for me” del Leone d’Oro alla Biennale 2019 Alessandro Sciarroni in programma alle ore 18.30 e alle ore 20.30, oltre ad essere in replica il giorno successivo.
Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini in “Save the last dance for me” di Alessandro Sciarroni – © Claudia Borgia, Chiara Bruschini
Qui Sciarroni lavora assieme ai danzatori Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini sui passi di un antico ballo bolognese chiamato Polka Chinata. Si tratta di una danza di corteggiamento eseguita in origine da soli uomini e risalente ai primi del ‘900: fisicamente impegnativo, quasi acrobatico, prevede che i danzatori abbracciati l’un l’altro, girino vorticosamente mentre si piegano sulle ginocchia quasi fino a terra.
Il lavoro nasce in collaborazione con Giancarlo Stagni, un maestro di balli Filuzziani (la Filuzzi è l’interpretazione fatta a Bologna e provincia degli stili coreutici propri del liscio e nasce dalla contaminazione dei nuovi balli di provenienza centro europea – mazurka, valzer e polka – con i balli tradizionali preesistenti) che ha ridato vita a questa antica tradizione grazie alla riscoperta e allo studio di alcuni video di documentazione risalenti agli anni ’60.
Venti minuti di danza scatenata per “Save the last dance for me” di Alessandro Sciarroni – © Claudia Borgia, Chiara Bruschini

Sciarroni scopre questa danza nel dicembre 2018, quando la danza era praticata in Italia solo da 5 persone in tutto, e decide di lavorare alla sua riscoperta in un’ottica di conservazione e di recupero. Per questa ragione, il progetto è composto da una performance eseguita dai due danzatori e da una serie di workshop volti a diffondere e ridare vita a questa tradizione popolare in via d’estinzione

A seguire è la volta di “First Love” di e con Marco D’Agostin di scena alle ore 19.30. Uno spettacolo in italiano con sovratitoli in italiano e inglese della durata di 45 minuti che per D’Agostin, performer e danzatore tra i più attivi e apprezzati del panorama italiano ed europeo, vincitore del Premio Ubu 2018 come miglior performer under 35, è opera autobiografica che rappresenta un risarcimento messo in busta e indirizzato al primo amore.

Marco D’Agostin ritratto da Alice Brazzit

La storia è quella di un ragazzino degli anni ’90 al quale non piaceva il calcio, ma lo sci di fondo ed anche la danza. Siccome non conosce alcun movimento si diverte a replicare quelli dello sci, nel salotto, in camera, inghiottito dal verde perenne della sua provincia d’origine, nel Nord Italia.

Quel ragazzo ora cresciuto, non più sciatore ma danzatore, non più sulla neve, ma in scena, non più agonista, ma ancora agonista, per via di un’attitudine competitiva alla coreografia che non si scolla mai, nostalgica e ricorsiva, incontra il suo mito di bambino, la campionessa olimpica Stefania Belmondo, ed è tornato sui passi della montagna.

Stefania Belmondo e Marco D’Agostin (Foto di Andrea Macchia)

Qui è giunto il tempo di gridare al mondo che quel primo amore aveva ragione d’esistere, che strappava il petto come e più di qualsiasi altro. In una rilettura della più celebre gara della campionessa piemontese, la quindici chilometri a tecnica libera delle Olimpiadi di Salt Lake City 2002, “First lovesi fa grido di vendetta, disperata esultanza, smembramento della nostalgia.

Mercoledì 16 giugno tocca, alle ore 19.30, ai Barokthegreat, duo composto dalla danzatrice Sonia Brunelli e dalla musicista Leila Gharib, con “GHOST We are the idiots“.

“Ghost” dei Barokthegreat – ©Rolf Arnold

Si tratta della nuova creazione di Barokthegreat, ideata dal duo composto dalla coreografa e danzatrice Sonia Brunelli e dalla musicista Leila Gharib con la collaborazione del regista-designer londinese Simon Vincenzi.

“GHOST” prende ispirazione dalla cultura footwork, genere di street dance che è anche uno stile di vita, una forma d’espressione di catarsi dello sforzo fisico che Sonia Brunelli studia da tempo. Il footwork nasce a Chicago verso la fine degli anni ’90 imponendosi come una nuova tendenza delle sottoculture urbane.

Le sessioni di footwork sono “battles”, eventi di gruppo in cui i danzatori al centro della scena sfidano l’occhio di chi guarda: grazie ai ritmi mozzafiato – da 155 a 165 bpm- della musica prodotta da dj legati ai generi Juke e House, il movimento delle gambe diviene puro esercizio di velocità, i piedi scompaiono in un flusso di movimenti scattanti come una scia, in un’ipnotica eruzione di ritmi sotto un busto (all’apparenza) praticamente fermo.

I migliori footworkers leggono la musica come una mappa, riuscendo a incorporare nei movimenti le variazioni più sottili di dinamica e ritmo, in cui sincopi e convulsioni sono disegnati per scolpire il corpo del danzatore. In un processo di emulazione e insieme di lenta astrazione, con il suo ultimo lavoro la Brunelli riesce a far emergere proprio l’aspetto più fantasmatico di questo genere di performance.

Gambe e piedi appartengono a un unico corpo danzante, membra che sembrano prendere vita da sole sotto il comando di un beat a sua volta in costante accelerazione, composto e generato grazie all’iconica Roland TR-8S, (drum machine all-in-one firmata Roland, tra le più avanzate a livello di programmazione e di suono per l’utilizzo nelle live performance).

 

Antonio Garbisa
Antonio Garbisa
Giornalista professionista, critico musicale, teatrale e cinematografico, sono nato a Venezia dove mi sono diplomato al Liceo Classico Foscarini e laureato in Lettere con 110/110 e lode all'Università Ca' Foscari. Trasferitomi a Milano, mi sono diplomato in Comunicazioni Sociali all'Università Cattolica del Sacro Cuore. Ho collaborato con diverse testate: "Anna", "Classic Voice", "Libero", "TGR Lombardia", "TGCom", "Metro"
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